lunedì 19 febbraio 2018

Ci scusiamo per il disagio

Tanto è nostro, di noi pendolari. E a voi non costa niente. Nè in disagio, perché non fate altro che premere il pulsante "play" e mandare in onda un messaggio registrato, né in soldi.
Sono una pendolare della linea S5 e sono anni che non mi spetta alcun indennizzo (rimborso) per il disagio che quotidianamente subisco in termini di ritardi, soppressioni, posti in piedi pericolosi perché privi di appoggi.
Esco dall'ufficio che la app ufficiale, UF-FI-CIA-LE, mi dice che il treno ha solo 1 minuto di ritardo. Arrivo in stazione e i minuti sono diventati 13 (al binario 20). Il tempo di percorrere tutto il sottopasso e al binario 1 sono diventati 15. Scendo le scale che portano al binario del Passante (sono a Garibaldi) e già salgono a 18. Mi siedo rassegnata sulla panchina e annunciano 27 minuti.
Poi sparisce senza nemmeno un avviso sonoro di cancellazione.
Non mi ripagano certo i pochi euro che non mi spettano ma questi continui "disagi" mi costano in termini di permessi, di visite mediche rimandate a nuove date da definirsi, dopo magari mesi e mesi di attesa (la sanità pubblica lombarda sta viaggiando con Trenord...), di baby sitter e quanto altro come costo non quantificabile. Anche in termini di qualità della vita. Aspetto sulla panchina della stazione, al freddo o spesso sotto l'acqua perché a Vanzago non ci sono nemmeno pensiline e la sala d'attesa è un bugigattolo. Non posso andare in bagno se ne ho bisogno perché bagni non ce n'è e non si osa allontanarsi, si sa mai che si materializzi dal nulla un treno fantasma che si ferma dove devi andare tu.
Non ho alternative se non spararmi tre ore di macchina in mezzo al traffico per fare 50 km al giorno tra andata e ritorno.
Il mio non è un lavoro usurante, il viaggio sì, però.

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